Da alcuni anni passano da casa mia due nigeriani. Il primo viene da Padova l’altro da Thiene, ormai conosco le loro vicissitudini. Ai primi di marzo 2020 nella stessa settimana hanno bussato entrambi, sanno che lavoro sotto casa e mi “beccano” quasi sempre.
La paura del virus stava crescendo e le persone iniziavano ad evitarsi. Ho aperto e salutato come al solito, subito mi hanno detto che non avevano venduto niente perché nessuno apriva.
La tentazione di fare altrettanto è venuta anche a me, poi ho pensato che è troppo facile accogliere gli amici e “scartare” gli ultimi, proprio quelli che Gesù cercava ed amava. Così li ho accolti, rifocillati, preso qualcosa e fatto una risata assieme e visto che pioveva dato un ombrello a uno di loro. Era di mio padre, non nuovo ma sempre un ricordo e “mollarlo” non è stato immediato. Ho pensato: “L’ho dato a Gesù”.
Poi con l’aumento dei contagi e delle restrizioni, anch’io come tanti mi sono guardato attorno e ho cercato di mantenere i rapporti, anzi moltiplicarli se possibile. Tuttora l’emergenza continua e per contribuire le occasioni non mancano e non mancheranno purtroppo.
Mi ha dato una gioia particolare, portare un saluto di cuore a due famiglie colpite dall’epidemia, pochissime per ora nel mio comune. Alla prima abbiamo portato, assieme a mia moglie, dei biscotti fatti in casa. Ci hanno molto ringraziati, anche per il “coraggio” di esserci avvicinati.
All’altra famiglia con tre figli, ho portato uno strudel fatto da me con impegno, pertanto buono di sicuro! Ho bussato e fatto un passo indietro e “gustato” l’espressione di stupore-gioia, che un gesto semplice e diretto può dare.
Nel bigliettino che l’accompagnava c’era scritto : “I virus passano, le amicizie restano”.
Esperienza raccontata da F. nel collegamento fatto dai 9 gruppi di impegnati del Veneto
Em tempos de pandemia também, e sobretudo, se pode e deve amar mais…